C E N T O · P E I A
Rita Ruivo
I
La benna s’aperse dentata;
Elaboravo di me
Fruire di me
Avevo perso.
E tutto quel che voleva
Ormai era diventare
La distanza della
Velocità proporzionale.
E lascio che torni
Dietro di me.
Esserci vuol dire
Quello che ho riconosciuto.
Bisogna stare attenti,
Così bene
Senza farmi alcuno scrupolo.
Non sapevo staccare gli occhi,
Le cose erano com’erano.
Il modo semplice
Di negarne perfino l’esistenza,
Sarebbe potuto sopravivvere
Quel tipo,
Che se ci sei ci sei,
E se non
Camminare nel buio.
Ma sai che
Puoi vedermi,
Interrompermi e dire:
questa naturalmente è una mia interpretazione delle sue idee.
II
Lo so bene! Come un nero meccanismo quelle due bestione salivano, tonde e piatte, color zafferano. Tendendo le braccia, aveva una forza che ti strappava. Le sue rozze mani, trovavano subito miele d’api, preziosa fanghiglia. Bisognava scremarla facendo gemere a un certo punto. Spariva sotto i nostri piedi. Per spogliarla dai due influssi, dovevano pesare adesso una fitta al cuore, ma nessuna espressione era un gesto lucente. Solo lo risvegliava uno struggimento. Eppure lassù, non attendeva altro che qualcosa d’insolito. Pareva la stessa tenebra. Volteggiò poi con uno sforzo a far giungere l’enorme disco lontano. Concentravo strettamente a lei. Gridavo ogni volta che toccavo i suoi contorni. Un pianto incandescenti spalmava ogni sguardo di lei. Finalmente contemplava tutto al di là delle speranze più luminose. E trepidavo quell’istante, ero diviso nei miei timori. Non levava mai lo sguardo perché ella aveva ben compreso ch’ebbe una speranza sottile a picchiare in equilibrio. La sua bravura sarebbe rimasta lontana delle braccia e delle ginocchia. Non dovevo fare più alcuno sforzo. Così come ancora, m’immagino di vederla.
III
Una volta, io con loro, i pianeti, cominciando situato nella zona esterna (e forse non era mai esistito), attraverso quel momento perduta, e noi a rimpiangerla. Prima di formarsi quella fredda parete di pietra grigia se le galassie s’allontanano, ormai non ci restava altro da fare. I primi di loro, la logica Qfwfq, misteriose restano confusi con la folla. Le equazioni tutti gli altri quanto una seguissero questa via, per la maggioranza si estende senza rive né confini.
Secondo i calcoli di Sibyl, l’apparizione dell’uccello in grandita, un particolare della testa, l’occhio… se le sostanze che glielo dico, le condizioni di weekend nella riproduzione fosse un intero diamante durissimo e impassibile.
… E quando dico ‘Rue Vaugirard, Paris quinzième’, raccontare le cose come nel palmeto. Il rischio che s’incontreranno ancora, ho l’impressione del leone e della freccia.
L’auto che mi insegue, in cui non si distinguono gli inseguitori e gli inseguiti, è appena uscito dalla città. M’accorgo che non c’è più nessuno capace di viverci e d’intenderci. Dalla mia cella la fortezza pensata non coincide con quella vera per trovarla.
Secondo a quello che non c’è di quel che c’è, priva com’è chiaro che quel che desideriamo non lo avremo.
Secondo un solo momento per capire, la velocità è una sconfitta. Le stelle, se mai un giorno finisse, che desolazione, che vuoto! Il Sole è soggetto a sentir sollievo, anch’io ho paura.
La documentazione che secerneva la conchiglia è per l’uccido.
Secondo i calcoli t’assomiglia.
Quasar, nella mia tana di talpa, voi avete chiaro che non basta.
PROCEDIMENTO
Cento
FONTE
Italo Calvino: "Le Cosmicomiche"
Rita Ruivo
I
La benna s’aperse dentata;
Elaboravo di me
Fruire di me
Avevo perso.
E tutto quel che voleva
Ormai era diventare
La distanza della
Velocità proporzionale.
E lascio che torni
Dietro di me.
Esserci vuol dire
Quello che ho riconosciuto.
Bisogna stare attenti,
Così bene
Senza farmi alcuno scrupolo.
Non sapevo staccare gli occhi,
Le cose erano com’erano.
Il modo semplice
Di negarne perfino l’esistenza,
Sarebbe potuto sopravivvere
Quel tipo,
Che se ci sei ci sei,
E se non
Camminare nel buio.
Ma sai che
Puoi vedermi,
Interrompermi e dire:
questa naturalmente è una mia interpretazione delle sue idee.
II
Lo so bene! Come un nero meccanismo quelle due bestione salivano, tonde e piatte, color zafferano. Tendendo le braccia, aveva una forza che ti strappava. Le sue rozze mani, trovavano subito miele d’api, preziosa fanghiglia. Bisognava scremarla facendo gemere a un certo punto. Spariva sotto i nostri piedi. Per spogliarla dai due influssi, dovevano pesare adesso una fitta al cuore, ma nessuna espressione era un gesto lucente. Solo lo risvegliava uno struggimento. Eppure lassù, non attendeva altro che qualcosa d’insolito. Pareva la stessa tenebra. Volteggiò poi con uno sforzo a far giungere l’enorme disco lontano. Concentravo strettamente a lei. Gridavo ogni volta che toccavo i suoi contorni. Un pianto incandescenti spalmava ogni sguardo di lei. Finalmente contemplava tutto al di là delle speranze più luminose. E trepidavo quell’istante, ero diviso nei miei timori. Non levava mai lo sguardo perché ella aveva ben compreso ch’ebbe una speranza sottile a picchiare in equilibrio. La sua bravura sarebbe rimasta lontana delle braccia e delle ginocchia. Non dovevo fare più alcuno sforzo. Così come ancora, m’immagino di vederla.
III
Una volta, io con loro, i pianeti, cominciando situato nella zona esterna (e forse non era mai esistito), attraverso quel momento perduta, e noi a rimpiangerla. Prima di formarsi quella fredda parete di pietra grigia se le galassie s’allontanano, ormai non ci restava altro da fare. I primi di loro, la logica Qfwfq, misteriose restano confusi con la folla. Le equazioni tutti gli altri quanto una seguissero questa via, per la maggioranza si estende senza rive né confini.
Secondo i calcoli di Sibyl, l’apparizione dell’uccello in grandita, un particolare della testa, l’occhio… se le sostanze che glielo dico, le condizioni di weekend nella riproduzione fosse un intero diamante durissimo e impassibile.
… E quando dico ‘Rue Vaugirard, Paris quinzième’, raccontare le cose come nel palmeto. Il rischio che s’incontreranno ancora, ho l’impressione del leone e della freccia.
L’auto che mi insegue, in cui non si distinguono gli inseguitori e gli inseguiti, è appena uscito dalla città. M’accorgo che non c’è più nessuno capace di viverci e d’intenderci. Dalla mia cella la fortezza pensata non coincide con quella vera per trovarla.
Secondo a quello che non c’è di quel che c’è, priva com’è chiaro che quel che desideriamo non lo avremo.
Secondo un solo momento per capire, la velocità è una sconfitta. Le stelle, se mai un giorno finisse, che desolazione, che vuoto! Il Sole è soggetto a sentir sollievo, anch’io ho paura.
La documentazione che secerneva la conchiglia è per l’uccido.
Secondo i calcoli t’assomiglia.
Quasar, nella mia tana di talpa, voi avete chiaro che non basta.
PROCEDIMENTO
Cento
FONTE
Italo Calvino: "Le Cosmicomiche"